Venerdì 15 febbraio 2019
Gen 3,1-8; Sal 31; Mc 7,31-37
31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»
Come ci sarebbe bisogno anche oggi di questo miracolo di Gesù. Non perché ci siano tanti sordi e muti nel corpo, ma perché spesso udiamo, ma non sappiamo ascoltare e comunichiamo, ma non sappiamo parlare. L’ascolto dell’altro, l’ascolto di Dio sono alla base di ciò che poi faremo nella nostra vita e sono già un’opera di bene di per sé. Dare valore alle parole e alla comunicazione è anche questo un gesto rivoluzionario: quanta gente non dà più peso alla parola e la usa solo per ottenere ciò che vuole.
UN PROPOSITO UN’ INTERCESSIONE UN GRAZIE UN PERDONO
Un pensiero per riflettere Secondo la tradizione, nell’attimo che precede la morte, ognuno di noi conosce il vero motivo dell’esistenza. È in quel momento che si materializzano l’Inferno e il Paradiso. L’Inferno è guardarsi indietro in quella frazione di secondo e scoprire di aver sprecato l’occasione per rendere degno il miracolo della vita. Il Paradiso è saper affermare in quell’istante: “Ho commesso alcuni errori, ma non sono stato un vigliacco. Ho vissuto appieno la vita e mi sono prodigato in ogni mia azione”. (Paolo Coehlo)