n. 100 del 14 Aprile 2019
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LA LETTERA DEL PARROCO
Cari amici di Mussotto, Piana Biglini e Scaparoni,
la lettera fraterna di Pasqua, desidero sia la più ispirata, e la più aderente alla realtà religiosa e sociale che stiamo vivendo in parrocchia.
La più ispirata, anche se questo aggettivo mi fa paura in quanto richiede da parte mia “un Tempo” più ampio, intenso dedicato alla preghiera. Con sincerità il tempo non mi manca ma sovente prevale la stanchezza oppure la volontà. Confido nella vostra bontà.
Punto di partenza: IL VANGELO DI GIOVANNI
C’è un testo del Vangelo di Giovanni che mi è sempre rimasto nel cuore: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, lì amò sino alla fine”.
Non c’è persona che voglia impostare la sua vita senza amare, in quanto siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Colui che è Amore, e quindi questo desiderio è presente nel cuore di ogni persona. Amare ed essere amati fa parte del nostro DNA, “per cui il nostro cuore è inquieto finchè non ha concretizzato questo desiderio profondo”.
Ma nei fatti, nel concreto, la realtà è meno incoraggiante. Promesse d’amore che si sciolgono alla prima difficoltà, amicizie sincere sempre più rare, e ti viene da chiedere: di chi mi posso ancora fidare? “Accogliere e integrare”, come ci richiama il nostro grande Papa nei confronti degli stranieri, non riusciamo a realizzarlo neppure nei confronti delle persone più care.
Gesù dopo queste parole lava i piedi agli Apostoli…un gesto che si rinnova ogni Giovedi Santo, che viene con facilità ridotto ad un semplice rito ma quanto è sconvolgente.
Segue il lungo silenzio della passione, della sofferenza atroce della morte in Croce, il Venerdi Santo.
Il continuare a credere all’amore nel Sabato Santo, quando tutto sempre chiuso nel sepolcro; il Sepolcro vuoto della Domenica di Pasqua, l’Amore che vince. Ed è ancora Giovanni nella sua prima lettera a confermarlo: “Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo”.
Amare fino alla fine, credere sempre all’Amore di Dio nei nostri confronti, questo è il messaggio più bello della Pasqua, l’unico che ci permette di alzare il nostro sguardo verso il fratello, senza essere schiavi di alcuna distinzione.
AL DI LA’ DEL BENE E DEL MALE..
Permettete che accosti a questa visione della Pasqua di Giovanni, un testo che mi ha fatto riflettere, perché scritto da un filosofo di fama mondiale, Nietsche (si pronuncia Nice) non credente. Dopo aver partecipato con serietà al cammino della sua Chiesa (Protestante), a 16 anni abbandona la pratica religiosa e diventa il più convinto assertore “della morte di Dio”, e quindi ateo convinto.
Nel suo libro, Al di là del bene del male, afferma: “ Dio è morto perché ha amato troppo gli uomini”; affermazione stupenda, perché questo è il mistero della morte in croce di Cristo. “Certo è solo per tre giorni e poi Risorge”, nella quale Nietshie non crede, ma giungere a questa affermazione, e lasciandoti intuire che al di là del bene e del male c’è l’amore; oltre il percorso lineare oppure sbagliato di una vita, poter contare sempre sull’amore del nostro Dio, che ci ama fino “alla follia della morte in croce”, ci colma il cuore di speranza, al di là dei nostri sbagli e peccati.
Ritengo che il peccato contro lo Spirito Santo, a cui accennano i Vangeli, sia proprio questo: non credere più all’amore, ed in modo particolare all’Amore che Dio ha per noi.
MA DIO HA BISOGNO DELL’AMORE DELL’ UOMO.
C’è un testo nel trattato “Contro le eresie” di S. Ireneo, che non mi sento di condividere.
“ La Legge di Mosè comandò l’amore verso Dio e suggerì la giustizia che si deve al prossimo perché l’uomo non fosse ingiusto e indegno di Dio. Così predisponeva, per mezzo dei comandamenti, l’uomo alla sua amicizia e alla concordia con il prossimo. Tutto questo giovava all’uomo stesso, senza che di nulla Dio avesse bisogno da parte dell’uomo. Queste cose poi rendevano ricco l’uomo perché gli davano quanto a lui mancava, cioè l’amicizia di Dio, ma a Dio non apportavano nulla, perché il Signore non aveva bisogno dell’amore dell’uomo.”
Non mi sento di condividere tale affermazione, valida sotto il profilo razionale ma non del “cuore”.
L’amore coinvolge sempre i due patner, e la croce di Cristo ne è il segno più sicuro.
Nel libro dell’Apocalisse troviamo quell’affermazione così umana: “Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno mi apre io entrerò e prenderò dimora in lui…”
Dio mendicante dell’amore dell’uomo. E nel Vangelo di Luca: “ Si fa festa in cielo per un solo peccatore che si converte”, che ritrova la via dell’amore verso Dio, della sua misericordia, della sua infinita tenerezza.
A conferma di questo, mi piace riportare l’affermazione del filosofo Pascal: “la passione di Cristo continua fino alla fine del mondo”, fino a quando tutta l’umanità è ritornata nel grembo del Padre e comprende il suo Amore infinito verso l’uomo, “Che ha fatto poco meno di un Dio”, come prega il Salmo 8.
FARE PASQUA,
ci chiede di credere all’Amore che Dio a per noi; a Colui che raccoglie le nostre lacrime nel suo otre (recipiente dei beduini del deserto), come prega il Salmo 54; a Colui che asciuga le nostre lacrime, Apocalisse 21.
La Settima Santa va vissuta in questa luce: “Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo”, Giovedi Santo; “Nel tutto è compiuto”, nella morte in croce del Venerdi Santo; ed infine nella gioia del Sepolcro Vuoto della Domenica di Pasqua. E una sola parola fiorisca in questa Settimana Santa: Grazie Signore.
Don Franco