Mercoledì 8 novembre 2017

Rm 13,8-10; Sal 111 Lc 14,25-33

Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?
Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Amare Gesù non vuol dire non amare più le persone: sarebbe assurdo alla luce di tutto il Vangelo e della vita di Gesù stesso. Amarlo di più vuol dire amare lui in quelle persone, saper vedere in loro sempre il bene e quando vi si vede il male amarle ancora di più perdonandole ma anche sforzandoci di convertirle a Gesù, proprio con il nostro amore, sapendo che questo darà loro la beatitudine. Amare di più Gesù vuol dire non rinunciare a correggere noi stessi e gli altri, con amore.

Un pensiero per riflettere.   Non sono le profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l’uomo, ma è la vita virtuosa che lo rende caro a Dio. (Tommaso da Kempis)