Mercoledì – 6 settembre 2017
Col 1,1-8; Sal 51; Lc 4,38-44
38 Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. 39 Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli.40 Al calare del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. 41 Da molti uscivano demoni gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.42 Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. 43 Egli però disse: «Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». 44 E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.
La presenza di Dio, se vogliamo, è proprio questa: quella di portare consolazione, sollievo, a volte guarigione, sempre speranza, dove ce n’è più bisogno. E questo è il compito più importante anche del discepolo. A volte forse vorremmo una presenza magica di Dio, perchè non consentisse il dolore e la sofferenza, ma questo non è il senso della sua presenza. Sarebbe annullata la libertà dell’uomo, quella che rende piena l’esperienza dell’Amore cui siamo chiamati. Ma rimane possibile contribuire a seminare speranza e gioia anche in un mondo sofferente.
Un pensiero per riflettere La fede non si esaurisce in un’adesione teorica al messaggio di Gesù, ma plasma la vita intera. (Walter Kropp)