Mercoledì 18 ottobre 2017

S. LUCA –    2Tm 4,9-17; Sal 144 Lc 10,1-9

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Oggi la Chiesa festeggia san Luca, uno degli evangelisti. Gli evangelisti prima sono stati inviati, come i settantadue del brano. Poi hanno intuito, insieme alle loro comunità, che l’annuncio orale poteva essere frainteso e hanno deciso di mettere per scritto non tanto la storia di Gesù per filo e per segno, ma l’annuncio di Gesù, cioè tutto ciò che poteva servire a un nuovo discepolo per credere in Gesù, per cogliervi la novità e per vivere secondo il suo insegnamento. Ma nota che nel farlo non hanno taciuto anche le difficoltà a capire Gesù e a seguirlo, in particolare degli apostoli stessi: questa è una delle cose che ci garantisce la storicità dei quattro Vangeli che usiamo, la loro ricchezza, il desiderio profondo di Luca, come degli altri evangelisti di annunciare solo e soltanto Gesù, nel modo più fedele possibile e nel modo più efficace possibile per la comunità di cui facevano parte. Amiamo quindi il Vangelo per incontrare il vero Gesù!

Un pensiero per riflettere.  Sapevo benissimo di avere un’anima, ma non ne capivo il valore, né chi l’abitava, perché le vanità della vita mi avevano bendati gli occhi per non lasciarmi vedere. Se avessi inteso, come ora, che nel piccolo albergo dell’anima mia abitava un Re così grande, mi sembra che non lo avrei lasciato tanto solo, ma che di quando in quando gli avrei tenuto compagnia, e sarei stata più diligente per conservarmi senza macchia. (S. Teresa d’Avila)