Martedì – 5 settembre 2017

1Ts 5,1-6.9-11; Sal 26; Lc 4,31-37
31 Poi discese a Cafarnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente. 32 Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità. 33 Nella sinagoga c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: 34 «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!». 35 Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male. 36 Tutti furono presi da paura e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?». 37 E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

Quanto bisogno c’è di questo tipo di autorità! Autorità che è contemporaneamente autorevolezza. L’autorità di chi parla come vive e vive come parla. Quanto ce ne sarebbe bisogno anche in famiglia, da parte di noi genitori. Quanto ce ne sarebbe bisogno nella Chiesa dove l’apparenza sembra sempre prendere il sopravvento sulla sostanza. Come ce ne sarebbe bisogno nella società in cui sembra che l’unico criterio di scelta sia il proprio interesse, ma condito come se fosse bene comune. Ci sono ancora persone autorevoli, ma quasi quasi, come dice il Vangelo ci fanno paura o ci sembrano esagerate e fatichiamo a dar loro credito e fiducia.
Un pensiero per riflettere Mi scrivi che, in genere, la gente è ben poco generosa con il proprio danaro. Bei discorsi, entusiasmi rumorosi, promesse, programmi. —Al momento del sacrificio sono pochi quelli che “danno una mano”. E, se danno qualcosa, è necessario che vi sia di mezzo un divertimento —ballo, lotteria, film, veglione— o la pubblicità o la lista delle offerte sulla stampa. —Il quadro è triste, però ha delle eccezioni: sii anche tu fra coloro che, quando offrono un’elemosina, non permettono che la loro mano sinistra sappia quello che fa la destra.