Lunedì – 30 ottobre 2017
– Rm. 8,12-17 Sal 67 Lc. 13,10-17
Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
Per insegnare qualcosa a qualcuno non bastano parole, anche se convincenti. Alle parole devono seguire fatti e devono essere comportamenti senza ipocrisia, che coinvolgono tutta la nostra persona, che ci mettono in gioco. Se poi si vuole insegnare qualcosa di buono, bisogna sapere che è più difficile, perché crea invidia, perché la bontà altrui fa vergognare, perché si deve essere liberi da qualsiasi pregiudizio perché il bene sia autentico.
Un pensiero per riflettere Bisogna mantenere una decisione perché è buona e non perché è stata presa. (La Rochefoucauld)