Lunedì, 12 marzo 2018
Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
In particolare nel Vangelo di Giovanni i miracoli vengono chiamati segni. Questo per farne risaltare il senso. I miracoli nella vita di Gesù non rappresentano il modo di risolvere i problemi umani. Sono piuttosto appunto segni che costellano la vita dell’uomo e spesso non vengono neanche ritenuti miracoli, come avveniva anche al tempo di Gesù. Ma il segno rimane per chi decide di credere e lo aiuta a sperare contro ogni speranza e a creare le condizioni per l’intervento di Dio, miracoloso in quanto sconvolge il nostro modo di vedere le cose e di aspettarcele. Ciascuno di noi in fondo, se visto con gli occhi di Dio, è già un miracolo!
OGGI: UN PROPOSITO UN’ INTERCESSIONE UN GRAZIE UN PERDONO
UN PENSIERO PER RIFLETTERE (I catechisti come tutti i cristiani) dovrebbero avere la Parola viva dentro di loro e dovrebbero dire parole chiare. Nette. Tutt’altro che pavide. Con tutta franchezza. Senza peli sulla lingua. Senza sfumare le finali per paura del quieto vivere. Senza mettere la sordina alla forza prorompente della Verità. (Tonino Bello)