Domenica 23 giugno 2019

Gen 14,18-20; Sal 109; 1Cor 11,23-26; Lc 9,11b-17 CORPUS DOMINI

Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Una vecchia canzone di Giorgio Gaber diceva: “Un’idea, un concetto, un’idea, finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione”. Penso che sia un bel commento alla pagina del Vangelo di oggi e anche alla concretezza della nostra fede che è sì fatta di temi spirituali, di valori, di idee, ma il fatto che Gesù le abbia incarnate fino in fondo è la garanzia del loro successo, della loro possibilità di tradursi in “vita”. A questo scopo Gesù ha vissuto e si è donato nel suo corpo e nel suo sangue che ci chiede di mangiarlo per donarci la forza di imitarlo e di renderlo presente nella realtà.

UN PROPOSITO UN’ INTERCESSIONE UN GRAZIE UN PERDONO

UNA STORIA PER RIFLETTERE In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti. Avevano trovato due grotte che si spalancavano vicine, una di fronte all’altra. Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione. L’altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente. Si fermava a conversare con i rari pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi, e coloro che fuggivano; tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera, pensava il primo eremita, che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell’altro. Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all’imboccatura della propia grotta, ogni volta che l’altro commetteva una colpa. Dopo qualche mese davanti alla grotta c’era un muro di pietre grigie e soffocante. E lui era murato dentro. Talvolta intorno al cuore costruiamo dei muri. Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E soprattutto cercare di non diventare una “pietra in più nei muri degli altri”.

(Bruno Ferrero)