Novena di sabato 23 dicembre 2017
RICERCA DI DIO NELL’ESPERIENZA DEI GIOVANI IN POLONIA
ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
A luglio del 2016 siamo andati in Polonia alla giornata mondiale della gioventù. Più che una giornata, si è trattato di un esperienza di due settimane, coronate poi dall’incontro finale con il Papa.
Insieme ad un gruppo della Diocesi di Alba la prima settimana siamo stati ospitati nella Diocesi di Tychy, per un gemellaggio.
E’ stata un’accoglienza coi fiocchi, ci siamo davvero sentiti figli delle famiglie ospitanti, parrocchiani della Beata Karolina: si sono presi cura di noi sia a livello spirituale che umano con passione e premura.
Abbiamo vissuto intensamente e con gioia l’incontro con pellegrini di tutte le parti del mondo e l’incontro con il papa che ha dedicato i suoi pensieri, le sue preghiere proprio a noi giovani, lasciando un segno come solo lui sa fare.
In questa settimana ci siamo trovati per preparare cosa dire stasera e abbiamo notato come tutti i nostri ricordi si legassero pienamente al tema della ricerca. Stasera vogliamo condividere con voi alcune riflessioni su ciò che ci siamo portati a casa da questa esperienza.
ACCOGLIENZA
Consultando un dizionario leggiamo che accoglienza è l’azione e il modo di ricevere un visitatore o un ospite. Noi stessi abbiamo avuto modo di sperimentare il vero significato della parola accoglienza, durante il nostro viaggio, dove un’intera comunità ci ha accolto non solo fisicamente, dandoci ospitalità, ma bensì facendoci sentire parte integrante della loro vita. Siamo stati ospiti di famiglie polacche e ne abbiamo fatto parte come dei figli, non come stranieri. Accogliere non significa solamente aprire la nostra porta all’altro, ma aprire la nostra mente, il nostro cuore e le nostre braccia.
Vorremmo che questo Natale fosse per tutti occasione di riflessione sul significato profondo della parola accoglienza e che ognuno possa aprire veramente la mente, il cuore e le braccia al bambino di Betlemme venuto a bussare ancora una volta alla nostra porta.
La domenica, nella famiglia in cui ero ospitato, hanno fatto la festa di compleanno della bambina: c’erano zii, zie e tantissimi parenti. Noi anche eravamo invitati e ci siamo sentiti veramente a casa, nonostante fossimo a centinaia di chilometri da qui…
GRUPPO
Ma in Polonia non ci siamo andati da soli, ci siamo andati come gruppo e come gruppo abbiamo vissuto l’esperienza e il nostro dialogo con Dio.
Pensando a cosa raccontarvi in questa serata, abbiamo riflettuto sulle cose ci siamo portati a casa da quel viaggio. Ecco, l’importanza del gruppo è sicuramente una di queste.
L’idea di andare era proprio nata qui nel gruppo giovani a Mussotto: partiti un po’ all’avventura, alcuni più convinti, altri meno, ognuno con le sue motivazioni, ci siamo ritrovati parte di un gruppo più grande ancora: quello degli albesi. Nei momenti di preparazione qui ad Alba ci siamo sentiti sovente un po’ diversi: noi non siamo dei giovani credenti sfegatati, inseriti in molte associazioni e così sicuri di noi. Spesso il nostro modo di pregare e la nostra visione della fede si è scontrata con quella classica e un po’ rigida, promossa dall’azione cattolica. Ma in Polonia, là in quella bolla di allegria e fraternità, ogni differenza, ogni dubbio è svanito. Là pregare era così semplice, naturale e genuino.
Siamo partiti come gruppo, ma soprattutto siamo stati accolti da un gruppo. L’accoglienza di cui prima Giovanni vi ha parlato, un’accoglienza così grande, non può che venire da un gruppo di persone che condivide gli stessi ideali e una vita comunitaria.
Gruppo sono stati anche i due milioni di giovani che erano là in quei luoghi con noi, loro non ti facevano sentire solo. Dire e pensare che nel mondo ci sono tante altre persone che condividono la nostra fede, le nostre scelte è un conto, viverlo è un altro.
Vedere concretamente di non essere soli, di non essere pochi alternativi, cantare un canto di chiesa che si è abituati a cantare in quattro gatti, a volte anche con un filo di vergogna, in due milioni in un campo è stata un esperienza fortissima! Ognuno nella sua lingua, ognuno con la sua voce, ognuno con la sua intonazione. Se chiudiamo gli occhi, alcuni momenti ce li ricordiamo ancora come se fosse ieri.
Mi ricordo, ad esempio, della volta che eravamo sul tram per tornare a Cracovia e ci siamo messi tutti a cantare Emmanuel e Jesus Christ you are my life. Tutti insieme: noi, ragazzi peruviani, spagnoli, un prete del Paraguay …
MOMENTI DI PREGHIERA
Come comunità parrocchiale abbiamo incontrato una realtà molto diversa dalla nostra, tradizioni molto diverse dalle nostre. Il tipo di chiesa che abbiamo incontrato è una chiesa giovane , nata dai bisogni della società. La città in cui siamo stati ospitati la prima settimana, Tichy, fu ricostruita intorno agli anni 50 con lo scopo di creare una città dormitorio per coloro che lavoravano a Katowice. Doveva essere una città senza Dio, la popolazione come segno di ribellione ha costruito decine e decine di chiese. Nella parrocchia della Beata Karolina, che ci ha ospitato, la realtà
sociale ha guidato e guida le scelte della parrocchia e non viceversa.
Ci ha colpito molto il modo in cui abbiamo pregato, un modo gioioso e coinvolgente, che ha superato tutte le barriere, linguistiche e culturali.
Abbiamo pregato in ogni luogo.
Ricordiamo, ad esempio, tutti un momento particolare della visita al campo di sterminio di Birkenau: quando vicino alle rovine di uno dei forni crematori, a metà della visita, ci siamo tutti dati le mani, abbiamo formato un cerchio e abbiamo recitato un padre nostro.
Per tutta la camminata all’interno del campo nessuno aveva proferito una parola, poi a un certo punto, lì in quel punto ci siamo rivolti a Dio e, chiedendo perdono, abbiamo recitato una preghiera.
I momenti di preghiera sono stati tanti, non staremo stasera a raccontarveli tutti. Quello che volevamo evidenziare è come spesso tendiamo a pensare a un vero dialogo con Dio, solo in un rapporto uno a uno.
La ricerca di Dio che abbiamo vissuto noi, il contatto con lui l’abbiamo vissuto come gruppo. Dio l’abbiamo visto nella gioia sui volti che ci circondavano, nei milioni di giovani che lo lodavano a squarciagola e per quanto sembri difficile da immaginare, Dio abbiamo provato a sentirlo vicino anche nei campi di sterminio, dove di primo acchito viene da chiedersi: “E Dio dov’era?”
Mi ricordo che andando e tornando dai momenti di preghiera con il Papa battevamo, correndo, il cinque alle guardie armate che circondavano i luoghi dove lo incontravamo…
IL SILENZIO
L’ultimo ricordo forte che abbiamo è della veglia finale, l’ultima sera, quando il Papa ci ha chiesto di fare un minuto di silenzio. In quel momento in cui lì, in silenzio e con le candele accese, i pensieri di tre milioni di persone erano rivolti a Dio, noi lo abbiamo sentito realmente in mezzo a noi. È stato “magico”.