Venerdì, 15 dicembre 2017
Is 48,17-19; Sal 1; Mt 11,16-19
In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Non c’è cecità più brutta di chi non vuol vedere; non c’è sordità più brutta di chi non vuol sentire. Perchè sono malattie senza speranza. Questo anche a livello esistenziale. Non puoi convincere nessuno su niente se lui non è disponibile a farsi convincere. E allora non rimangono che le opere, coerenti con ciò che si crede, perchè esse rimangono e costruiscono comunque un mondo migliore, anche se non sempre si vede o si sente.
UN PENSIERO PER RIFLETTERE Un’esistenza sempre più concentrata sull’attimo fuggente diventa sempre più come flusso d’istanti successivi, ciascuno indipendente dall’altro e autosufficienti… se ogni istante divenuto assoluto è praticamente sganciato sia da quello che lo precede che da quello che lo segue, allora si può scegliere un attimo dopo quel che s’è rifiutato un attimo prima… (Amedeo Cencini, Qualcuno ti chiama)