Giovedì – 12 ottobre 2017

Ml 3,13-20a; Sal 1 Lc 11, 5-13

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

A volte mi è capitato di invitare dei giovani o dei ragazzi del catechismo a formulare delle preghiere di richiesta o di intercessione: silenzio! Abbiamo ancora qualcosa da chiedere al Signore? O forse pensiamo di avere o poter ottenere tutto ciò che ci serve? O forse non crediamo che il Signore ci possa davvero ascoltare. L’attualità di questo brano sta proprio in questo: non riconosciamo più la nostra fragilità, le nostre debolezze: ci sentiamo già completi. Inoltre forse non crediamo che Dio possa aiutare noi o chi ci è caro. Invece credo che già solo pronunciare la preghiera di intercessione sia un aiuto perché rende presente a noi una situazione e ci stimola ad affrontarla o ad accettarla.

Un pensiero per riflettere I deboli non possono mai perdonare: il perdono è l’attributo dei forti. (Gandhi)