n. 97 del 1 Novembre 2018 – MAESTRO, DOVE DIMORI?

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LETTERA DEL PARROCO

Cari amici di Mussotto, Piana Biglini e Scaparoni,
l’ascolto delle persone che camminano con noi, in parrocchia e nel quartiere, offre sempre spunti di riflessione. Parto da una sollecitazione che mi è stata posta dopo una predica della Domenica: oggi nelle omelie domenicali non parlate quasi mai della morte.

Debbo riconoscere che è giusta l’osservazione; la unisco a quella di un mio amico dottore: dite ai fedeli che la morte fa parte del nostro cammino terreno e i miracoli, per certe gravi malattie, li può compiere solo il Signore.

Sono osservazioni giuste e la risposta migliore non è il silenzio ma tenerle presenti, vivendo ogni nostra giornata come l’unica, l’ultima e la decisiva.

Ma il ritmo della vita che ci impone oggi la nostra società è così opprimente, per cui ci manca il tempo e spegne il desiderio di pensarci, anche se avvertiamo di essere tutti un po’ stanchi.

Cerco di rispondere ad interrogativi che sovente mi pongo.

Dove dimorano i fratelli che hanno varcato la sponda definitiva?

La risposta del Vangelo è precisa: “ Non cercate tra i morti coloro che sono vivi”, risorti in Cristo.

E’ giusto andare al camposanto, sostare sulla tomba dei nostri cari, dove ci sono le loro spoglie mortali, ma senza essere schiavi del passato, dei ricordi, per non diventare “statue di sale”, come la moglie di Lot, nel giorno della distruzione delle città di Sodoma e Gomorra.(Genesi 19,26)

Noi siamo imprigionati in due categorie mentali dalle quali non riusciamo evadere: SPAZIO E TEMPO: vivo in un luogo preciso e in un tempo determinato.

Affermare che i nostri defunti sono in Paradiso, o in Purgatorio o all’Inferno e concepirli come la loro nuova residenza, non è esatto.

Penso che la risposta più vera sia: vivono in Dio che è amore, e vivono nei nostri cuori perché li amiamo, e l’amore supera tutte le barriere. Basti pensare alle apparizioni del Signore Risorto: erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano ed egli apparve in mezzo a loro.

I nostri cari vivono quindi nei nostri ricordi, vivono in Dio e quindi la preghiera, in particolare l’Eucaristia, è il luogo più sicuro in cui li incontriamo.

La Messa, più che suffragio per le loro persone, è comunione d’amore con loro nel Cristo risorto.

Ritengo sia più corretto parlare del Paradiso, del Purgatorio e dell’Inferno, in termini esistenziali.

 

Dov’è il Paradiso, questa realtà che fa parte dei nostri sogni, dove un giorno speriamo di vivere eternamente nella comunione con Dio e con i fratelli?

La Bibbia ci da una risposta nei primi 11 capitoli, che si leggono con facilità e ai quali vi rimando.

Dio crea questo mondo meraviglioso che ci circonda, con al centro l’uomo e la donna, “creati a sua immagine”, in perfetta armonia e uguaglianza. E’ il Paradiso terrestre, che egli affida alla nostra cura.

Ci sono famiglie,  ci sono parrocchie e ambienti di lavoro, gruppi di volontariato, dove si respira un clima di amicizia, di rispetto reciproco, di attenzione al fratello in difficoltà, dove ognuno si sente accettato e valorizzando e ti viene spontaneo pensare: come si vive bene in questo ambiente.

Ma l’idillio si infrange subito. E siamo al capitolo terzo della Genesi, che descrive in termine concreti il primo peccato. Da sempre ci si chiede in che cosa sia consistito; esso viene chiamato originale da S. Agostino, perché è all’origine.

Non esiste una risposta a questo interrogativo. Tutti i Santi sono concordi nell’affermare che solo la virtù più importante, l’umiltà, ci aiuta a scoprirlo in noi, a sradicarlo, realizzando quella purificazione che ci rende “immagine e somiglianza credibile di Dio”.

Non è forse questo il Purgatorio? Giovanni nella sua prima lettera: “Carissimi, chi ha questa speranza purifica se stesso come egli è puro”.

E siamo al capitolo 4, che narra la storia del primo omicidio: Caino uccide il fratello Abele. E’ una storia triste, è l’inferno.

E qui non è necessario soffermarsi. Basti seguire i notiziari televisivi, che ci aggiornano ora per ora di omicidi e violenze di ogni genere, lasciando dietro di se una scia infernale. La stessa Chiesa, la sposa di Cristo, conosce la triste piaga della pedofilia, che tanto dolore arreca non solo al Papa ma a tutti noi credenti nel Dio della vita.

Ma l’odio, la vendetta e ogni forma di cattiveria, sovente sono presenti nel nostro rapporto con l’altro. E’ da questa realtà nascosta ma reale, che sovente hanno origine quelle tragedie che tanto ci sconvolgono.

Cari amici, ho cercato di riflettere con voi, su queste realtà che sovente vediamo o meglio, pensiamo così lontane, mentre sono il nostro vissuto e ci sollecitano a costruire oggi, nella fatica (purgatorio) la realtà “paradisiaca” per la quale siamo stati creati, “ perché c’è una sola tristezza, scriveva L.Bloy, quella di non essere Santi”.

Don Franco

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